querule

giacobine è bello!

27 luglio 2005

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richiesta in carta da bollo per una giornatina di pioggia

una giornata di pioggia, dotto'. e che vi avrò chiesto mai! ho portato tutte le carte, ho compilato i moduli... voi mi dovete fare questo piacere. dotto', che vi costa, in fondo? è solo una giornata. anzi, che dico... una giornatina. non se ne accorge nessuno. stanno tutti invacanza, i panni stesi non li tengono nemmeno... dotto'...

una giornata di pioggia serve sempre.
a scrivere frasi tristi-ma-serene sul blocchetto che hai vicino al telefono (e dove non scrivi mai quando telefoni, o quando ti telefonano, o quando dovresti appuntarti un numero di telefono)
a leggere i classici, che un classico sottomano si trova sempre
a parlare soli
a corricchiare da una parte all'altra della strada o del cortile per non bagnarsi e
a rallentare apposta per bagnarsi quel tanto che basta
ad aprire la finestra il giusto per far entrare il freschino delle gocce che vengono giù
a scrivere lunghe email alle persone che non senti più da tanto
a metter su un disco malinconico
a cucinare il risotto
a guardare le foglie degli alberi che ballano
a cercare gli amici
a respirare bene
a sonnecchiare abbracciando qualcuno

26 luglio 2005

il trionfo del popipopi

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25 luglio 2005

lost in the supermarket


fa un freddo, ma fa un freddo che mi scoppia il mal di testa.

dall'altra parte è così pieno di oggetti da comprare, gli scaffali strabordano di roba, che mi scoppia il mal di testa (di nuovo).

ergo: il centro commerciale non fa bene alla salute. nè la mia, nè quella del signore con la gamba di legno, della signora che starnutisce a ripetizione, della mamma livida di rabbia col suo bambino aspirante ladro di pacchetti di patatine svedesi, del medesimo bambino la cui testa è diventata grossa così per via degli scapaccioni, di mia madre che si sta strozzando a furia di colpi di tosse, della signorina che continua a roteare gli occhi all'indietro e a grattarsi gli avambracci tatuati, della ciccionona che deve sedere ogni tot metri ora sul divano ora sul letto nelle confortevoli ancorché piccole ricostruzioni di ambienti familiari "perché c'ha l'affanno".

guardo in alto e "ci piove dentro, a questo coso", dice mio padre. non lo so. ci pioverà dentro? onde verificare la stabilità del prefabbricato, manco fosse il tetto di casa mia, passo la successiva mezz'ora a rimirare il soffitto cercandovi crepe ed oblò accidentali.

un signore ha comprato quattro cassette di buste di latte a lunga conservazione. le soppesava una per una mentre le aggiungeva al carrello. poi ha guardato pensieroso lo scaffale e ne ha tirata giù una quinta.

muoio di freddo. mi si stirano tutte le rughe che ho già, poi se ne aprono di nuove. per entrare nel reparto ittico occorre infilare un'apposito giaccone fornito dalla direzione, ma io non lo sapevo, così mi sento svenire davanti allo spettacolo suggestivo degli astici del cile che corrono per la loro vasca inseguiti da un implacabile retino (o, c-retino).

dall'altra parte, una signora è riuscita a riempirsi il carrello di oggetti nonostante un'unica scaffalatura fosse disponibile alla scelta in questo quarto d'ora di beatitudine prima che il negozio apra. ikea offre la colazione ai fortunatissimi: che sputano via il caffé sciapo e acquoso e fanno apprezzamenti pesanti sui biscotti allo zenzero, ma ciononostante si sentono obbligati a fare piazza pulita di tutto quanto. la signora col carrello già pieno ha saltato il buffet e infilato alla rinfusa nel carrello cestini di vimini di varie misure, tappetini per il bagno, un runner per due persone, candele quadrate, sottovasi. l'ho sbirciata dieci minuti dopo e aveva già posato quasi tutto. e magari rimpiangeva pure la colazione perduta.

una ragazza pure lei tatuata aveva le infradito tutte spinose. spuntoni di gomma nera davanti dietro e sui fianchi. le infradito mocc mocc per la ragazza gotica. davanti a me in fila alla cassa stava una signora col burka. nessuno la guardava, nessuno le ha fatto caso. il cassiere centrafricano era terrorizzato all'idea di non aver passato tutti gli oggetti sotto il lettore ottico.

ho girato dieci minuti a vuoto zigzagando fra reparto merendine e biscotti e reparto scatolame cercando di ritrovare il mio accompagnatore (era al buio, nella stanzina dell'enoteca, che sceglieva vino bianco che poi non ha comprato).

tolleranza zero

è quella che nutro per steve irwin (e, secondariamente, per la sua signora che ancora non capisce che è il caso di mollarlo, un pezzo di idiota così).
chi?, dici tu.
giusto. il nome non lo conosci, ma se ti dico che è il cretino colossale che insegue i serpenti velenosi e i coccodrilli su discovery channel e, nel dopocena, su la7, allora inquadri perfettamente il personaggio. mi chiedo quale genio abbia ricevuto in dono dagli dei dell'olimpo l'idea di affidare un programma educativo a un pazzo irresponsabile che gioca al lazo con i corallini occidentali, che si tuffa vestito fra le mangrovie, che nuota a fianco di alligatori incazzosi e che (da ultimo) intervista oranghe incinte (visto con questi occhi):
- è il tuo primo figlio?
(ovviamente, dall'altra parte solo silenzio)
- diventare madre ti cambia proprio la vita, eh
(l'oranga lo guarda con occhio fisso)

immagino, o meglio provo ad immaginare, quale debba essere l'espressione del cameraman che si trova a dover trascorrere parte della propria vita lavorativa con un pirlone che per lavoro ha scelto di correre dietro ai velenosissimi serpenti a sonagli nani, stupéndosi di non esserne stato ancora morso e mostrando alla telecamera le proprie mani tremolanti di paura. a volte si vanta di non essere mai stato morso da nessun velenifero. strano, dico io. con tutti gli accidenti che gli ho mandato nel corso dell'ultimo anno mi stupisce che ancora non gli sia venuto un bubbone sulla fronte spaziosa e fiduciosa, un sesto dito alla mano con cui acchiappa le bestie, un incisivo tutto nero o un occhio improvvisamente strabico. o qualcosa di assai peggio.

e tornando alla moglie. signora irwin, cosa si prova a dover lavare dalle sette volte in su per diem la divisa del suo amabile marito? e lui non si rende conto di quanto sia ridicolo con i calzoni corti dei lupetti degli scout alla sua età? non potrebbe convincerlo, quando si tuffa nelle paludi, a sfilarsi le scarpe? tanto, cosa sono due sanguisughe per uno come lui? e non pensate al benessere della vostra figliola (l'ultima in ordine di tempo ad essere stata coinvolta nelle vostre deliranti avventure)? voglio dire, la siusy blady e patrizio roversi la loro prole la lasciano a casa quando vanno a fare le escursioni in giro per il mondo: voi non potreste usarle la medesima cortesia? chissà quanto la prendono in giro i compagnucci di scuola: "tuo padre è un pirlone!!! gnegnegnee-ee...". sono traumi che non si superano, signora. glielo dico, sa'.



poi dice che vogliono vietare la messa in onda degli incontri di wrestling. ma dov'è il moige quando serve?

nel mio terzo occhio catastrofista ribollono immagini di ragazzini che crescono futuri eredi di steve l'acchiappacoccodrilli, prendendo con le mani bacarozzi (nella migliore delle ipotesi) e innominabili altri creature e riempiendosi di pizzichi (sempre nella migliore delle ipotesi).

un cretino totale.

23 luglio 2005

tanta paura:

22 luglio 2005

non tutte le infradito riescono col buco

(ode alla ciabattina mocc mocc)

o ciabattina ciabattina storta
che portava colei che nulla compra
(poiché i saldi a roma centro son schifezza)
tu capivi il mio piede e la calura
ma lasciavi tanti calli giovinetti
e dolore, e macchie nere e irritazione!

ma un bel giorno la mia pianta si poggiò
su una flip flop deliziosa e colorata
o! come il mio piede ci affondava!
o! come comodamente si perdeva!
ed i chilometri io dimenticavo
e la sera tutta lieta me ne stavo.

ora, in un mondo rosa e tenerello
senza vesciche o sassi sotto i pie'
io rimasi sola senza ciabattina
perché quella era della mia bambina.
tornar al vecchio stile? mai!
cercar l'alternativa? sì!

mocc mocc!, io chiamavo,
invocavo, ululavo alla luna.
nulla: la flip flop era smarrita.
mille vetrine s'eran scrutate,
cento commessi avevam torturati:
e mai la mocc mocc trovavam.

quando una notte, in visita al mall
quello col nome di una misura
trovai un cestone pieno di gomma
tenera, lucida, a quattro e novanta:
era la mocc, ciabatta del mio cuore
ora son persa in un mondo di fiaba,

dove il piedozzo se può si consola
ché la capital del morbido ha trovata.
alla ventura vado per il mondo
senza calzar neanche uno scarpone:
verso l'autunno con la mia infradito
e mai tradirò, per alcuna ragione!


(ovvero, quello che accade quando in un mare di infradito da sindrome da piede piatto si vede all'improvviso balenare la luce della rivelazione.)

legge di natura

dati tre barattolini sammontana
di cui uno al creme caramel
uno al mascarpone
e uno alla stracciatella
comprati esattamente nello stesso momento
e aperti per essere consumati contemporaneamente
finisce sempre prima quello al mascarpone.

21 luglio 2005

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13 luglio 2005

come al museo

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a quant'è bella questa copertina? con Al Capone? col Superman censurabile*? con gli ufetti sopra le torri di Chicago? e la capretta completamente random? ma chi è Folon! ma chi è Balthus!

ahhh... adorazione.

*per inciso. il superman censurabile è come noto effettivamente censurato, perché la dc comics non aveva autorizzato l'utilizzo del supereroe su qualsivoglia copertina di disco, figuriamoci uno di sufjan stevens. quindi l'artwork di illinois/illinoise/come on! feel the illinoise è stata precipitosamente e fumettisticamente corretta (scancellarono nembokid). al che chi aveva già la prima stampa, promo o finita che fosse, ha annusato la collezionabilità della medesima e si è precipitata a vendersela su ebay, annessi e connessi: dove si trova ad un prezzo medio di 28 dollari, con punte di 50 (chi è il folle?).

ecco, e siccome io sono snobbe, voglio pure io la cover con superman. ma mentre su ebay si scannano e su gemm.com la segnalano a 27 dollari prezzo fisso senza lottare con nessuno, mi ricordo di amazon. ordinata da li' a 8 sterline e 99, che non sono 26 dollari né 27 né tantomeno 50. alla facciazza degli speculatori.

12 luglio 2005

la drammatica conferma dei peggiori luoghi comuni

mi dà un fastidio, ma un fastidio quando gli stranieri dicono degli italiani che siamo grandi gesticolatori, a livello di parkinson praticamente. che siamo fuori di testa da quanto ci agitiamo quando parliamo. che facciamo paura, che invadiamo lo spazio vitale altrui, che per un interlocutore non italiano ciò è imperdonabile, francamente intollerabile. e io mi stranisco. ma guarda tu questi. sti beoti stoccafissi. ste mumme dell'asia minore. che poi non è vero, io non gesticolo. io non gesticolo mai. io non ho mai gesticolato nella mia vita. io non gest -

me ne accorgo mentre dò informazioni stradali alla seconda coppia consecutiva di turisti stranieri. a me era sembrato di aver detto solo "il campeggio è dall'altra parte della strada, vicino al semaforo lampeggiante"

ma purtroppo grazie al frenetico agitarsi dei miei arti superiori, quello che loro hanno capito (lo intuisco dallo sguardo smarrito) deve essere all'incirca questo:

"lassù fra le montagne puntute si salta con gioia e si rotola a terra sotto l'enorme sole che pulsa nel suo percorso costante verso occidente"

per un domani migliore

sogno ancora di chiamare un blog 'la buggeratrice'. oppure 'la fracasada', chissà.

10 luglio 2005

perché, perchéé, perchéééééh

da mel bookstore ho visto che la nuova collezione moleskine 2005-2006 prevede blocchetti con il pentagramma prestampato e -
e... e...

ce n'era un'altro assurdo, ma era talmente assurdo che l'ho rimosso, è evidente.

mi chiedo: a quando i taccuini per la trigonometria? e quelli con le righe di seconda elementare?

06 luglio 2005

la psicopatologia del viaggiatore in eurostar

esiste una proposta dei vertici trenitalia per trasformare le carrozze degli eurostar che una volta erano destinate ai fumatori in spazi da viaggio preclusi ai telefonini din don dan. mi sembrava un po' fascista (li' dentro non potrai nemmeno mai avvertire che sei in ritardo, m'immaginavo). finché non ho preso il treno la settimana scorsa: la vocina che appena dopo la partenza avvertiva di eliminare o moderare il tono della suoneria è scomparsa del tutto. trenitalia ha ceduto le armi. sarà per questa mistica sparizione, sarà per altre cause, fatto sta che i vagoni sono la terra di nessuno. ho viaggiato imparando nomi cognomi e numeri di telefono (dettati scandendoli ad altissima voce) della qualunque. ho appreso con dispiacere che un certo macchinario messo in moto devia verso sinistra di circa 20 gradi, e che ciò è assolutamente intollerabile. ho condiviso l'angoscia di chi sale a milano e odia la città e si sente male e deve per forza condividerlo con la mamma, la cuginetta in fasce, la sorella, la migliore amica persa di vista dopo il diploma. ho ascoltato l'audio di non so quale film in dvd sparato ad altissimo volume su un computer portatile.

(ehi. io ho un computer portatile. lo sfilo dalla borsa in treno. ma almeno metto le cuffie se voglio guardarmi qualcosa)

ho dovuto interrompere la lettura di un raccontino di jonathan safran foer che mi sembrava assai carino quando il sosia anoressico di moby, seduto accanto a me, ha ricevuto telefonate su telefonate di chi gli chiedeva quanto si sarebbe trattenuto a firenze e come era il tempo in irlanda? e tua sorella come sta? e i pesci rossi, il gatto, la tua amica coi capelli viola che vendeva le magliette al mercatino? e il carretto passava e quell'uomo gridava gelati? e intanto dal suo ipod gli scissor sisters sparavano a tutto volume e io, non lui, ho ascoltato con grande piacere "take your mama out". non lui. io. che con altrettanto grande sollazzo mi sono divertita (sul serio, stavolta!) ad origliare le imprese telefoniche di un bimbino di quattr'anni che nelle gallerie dell'appennino si incaponiva a voler parlare con la mamma: "ma che pizzaaaaaa! prima non ci sei! ora non mi senti!"

il punto è, torno a scrivere: terra di nessuno. trenitalia come vercingetorige. fate il cazzo che vi pare, su un espresso per agrigento come su un eurostar nessuno vi dirà mai nulla. e a chi si lamenta (giustamente) viene fatto pesare di essere quello che rovina la festa. il vicino rompipalle che ti picchia con la scopa sul pavimento. scendo più stanca di quando son salita.